I livelli di alluminio nel cervello, siero e liquido cerebrospinale sono più alti nei casi di malattia di Alzheimer rispetto ai controlli: Una serie di meta-analisi.

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L’alluminio è l’agente ambientale più studiato collegato con la malattia di Alzheimer (AD). Tuttavia, non è chiaro se i livelli sono significativamente elevati in chi soffre di AD.

OBIETTIVO:

Valutare sistematicamente i livelli di alluminio nel cervello, nel siero e liquido cerebrospinale (CSF) di casi di AD e controlli.

METODI:

ricerche elettroniche su Medline, Embase, PubMed e Cochrane Library sono state condotte fino al giugno 2015. Sono stati inclusi studi riguardanti i livelli di alluminio nel cervello, siero o liquido cerebrospinale in individui con AD e controlli non dementi. Sono state effettuate meta-analisi utilizzando modelli effetti casuali e la differenza media standardizzata aggregata(SMD) segnalati con intervallodi confidenza 95%  (IC).

RISULTATI:

Nel complesso, hanno soddisfatto i criteri di inclusione  34 studi che hanno coinvolto 1.208 partecipanti e 613 casi di AD. L’alluminio è stato misurato nel tessuto cerebrale in 20 studi (n = 386), siero in 12 studi (n = 698) e CSF in 4 studi (n = 124). Rispetto ai soggetti di controllo, chi soffre di AD aveva livelli significativamente più elevati di alluminio nel cervello (SMD 0,88; 95% CI, 0,25-1,51), siero (SMD 0,28; 95% CI, 0,03-0,54) e CSF (SMD 0,48; 95% CI, 0,03-0,93). Analisi di sensibilità esclusi gli studi senza controlli di pari età non ha un impatto su questi risultati.

CONCLUSIONI:

I risultati della presente meta-analisi dimostrano che i livelli di alluminio sono significativamente elevati nel cervello, nel siero e nel liquido cerebrospinale di pazienti con AD. Questi risultati suggeriscono che il livello elevato di alluminio, particolarmente nel siero, può servire come un marcatore precoce di AD e/o giocare un ruolo nello sviluppo della malattia.  Questi risultati forniscono sostanzialmente le prove esistenti valutando il legame tra l’esposizione cronica all’alluminio e lo sviluppo di AD.

Link all’articolo originale:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26401698

 

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